Nei casi di responsabilità professionale sanitaria il danno consiste nella LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE.
Il diritto alla salute è infatti strettamente connesso all’ inadempimento da parte del medico dell’obbligazione di diligenza nello svolgimento della professione.
Diversamente, non assume rilievo l’osservanza delle leges artis nella cura del paziente, che è invece interesse strumentale che dovrebbe essere soddisfatto grazie all’esatto adempimento dell’obbligazione. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 11599/2020.
Conseguenza di tale impostazione è che, se il danneggiato intende provare la responsabilità contrattuale, su di lui incombe l’onere della prova della sussistenza del nesso di causalità tra il danno lamentato (insorgenza di patologia o aggravamento) e la condotta del medico.
Di contro, il sanitario è tenuto a provare che l’inesatto adempimento della prestazione è stato provocato da una causa imprevedibile ed inevitabile. A tal fine, quindi per la prova liberatoria, non basta produrre i protocolli previsti dalla struttura sanitaria, assumendo di averli seguiti.