La Cassazione chiarisce quale deve essere il contenuto minimo del diritto al consenso informato, per la violazione del quale sussiste la responsabilità dei sanitari, sia del ginecologo che del laboratorio analisi.
I genitori hanno il diritto alla piena informazione sulla salute del nascituro e quindi al consenso informato da parte dei sanitari che devono permettere loro di poter effettuare una scelta consapevole e quindi optare per l’aborto o decidere di non procedere con l’aborto, anche se il bambino presenti alterazioni psico-fisiche; in questo ultimo caso in particolare, i genitori devono essere messi a conoscenza di tutte le problematiche per potersi preparare a livello psicologico ed organizzativo ad accogliere e crescere un bambino non perfettamente sano.
Alla violazione del diritto al consenso informato consegue il diritto al risarcimento del danno, sia quando si riesca a dimostrare che la madre, laddove esattamente informata, avrebbe optato per l’aborto, sia se manca tale prova per mancanza dell’informazione.
Con la sentenza n. 5004/2017 la Corte di Cassazione ha precisato quale debba essere il contenuto minimo dell’informazione: premesso che il ginecologo non deve semplicemente limitarsi ad informare le proprie pazienti in merito alla sussistenza di problematiche rilevate a carico del nascituro, ma deve provvedere a fornire un’informazione completa ed approfondita e quindi procedere ad ulteriori esami, valutare ed esporre tutte le possibili conseguenze, prospettare tutti gli aspetti della vita futura del nascituro, spiegare l’incidenza della malformazione/patologia sullo sviluppo psico-fisico del bambino e sulla salute psico-fisica della madre.
In casi del genere, in cui venga scoperta un’anomalia del feto, acquisisce rilevanza fondamentale anche il ruolo del laboratorio analisi e del genetista: scoperta l’anomalia genetica e richiesti esami supplementari per le opportune verifiche, il laboratorio non si può limitare ad informare i genitori della sussistenza dell’anomalia rimandando la paziente al ginecologo, ma deve, sulla richiesta specifica della paziente, soddisfare tutte le richieste di informazione anche riguardo alle conseguenze dell’anomalia, venendosi a configurare in caso contrario anche una responsabilità del laboratorio e del genetista per mancanza del consenso informato.