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DANNO DA EMOTRASFUSIONE RISARCITO

Risarcimento ottenuto da una donna per emotrasfusione in sala parto, all’esito di una battaglia legale durata decenni e dopo oltre 50 anni dalla trasfusione.

IL FATTO: una donna contraeva l’epatite C a causa di una trasfusione di sangue ricevuta in occasione del parto.

La lunga vicenda giudiziaria iniziava nel 2000, quando la donna presentava domanda di indennizzo  ai sensi della legge 210/92  a seguito della diagnosi di epatite. La domanda veniva però respinta per insussistenza del nesso causale.

Successivamente la donna agiva in giudizio e il Tribunale di Arezzo, con sentenza n. 230/2007,  riconosceva l’indennizzo; tuttavia la sentenza veniva successivamente annullata dalla Corte di Appello di Firenze.

La vicenda giungeva in Cassazione e la Suprema Corte, nel 2023,  confermava il rigetto dell’indennizzo per “completa remissione della patologia infettiva”. (Cass. Sent. 5119/2023).

Il giudizio veniva sospeso e successivamente riassunto innanzi al Tribunale di Firenze con espletamento di una consulenza medico-legale che  confermava la presenza di un danno permanente del 5% a causa della fibrosi epatica in esito all’epatite C contratta dalla paziente; il giudizio si concludeva con l’accoglimento della domanda risarcitoria e condanna del Ministero della Salute a risarcire i danni da emotrasfusione, biologici, esistenziali, dinamico-relazionali e morali patiti dall’attrice, liquidati in 50.000 Euro.

Questa pronuncia è considerata un importante precedente in materia di responsabilità civile per danni da emotrasfusione infetta. (Tribunale di Firenze, sent. 11 Giugno 2024). La sentenza mette in evidenza come, in casi come quello in esame, sia fondamentale  valutare i danni anche dal punto di vista  esistenziale e morale, tenendo conto delle prove raccolte e della sofferenza derivante dalla malattia contratta.

La decisione si basa su principi consolidati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che riconosce il diritto al risarcimento del danno anche in presenza di conseguenze non patrimoniali gravi, come nel caso della contrazione di malattie infettive con ripercussioni significative sulla vita della persona, consolidandone i seguenti principi giurisprudenziali:

  1. DANNO BIOLOGICO: Il diritto al risarcimento del danno biologico sorge nel momento in cui si manifestano i sintomi della malattia e non dalla contrazione dell’infezione”(Sentenza Cassazione Civile n. 5119/2023). In altre parole il danno biologico deve essere provato mediante la manifestazione dei sintomi, che rappresentano il danno conseguenza e quindi sorge solo nel momento in cui gli stessi si manifestano e non dal momento della contrazione dell’infezione (art. 1233 c.c.). Il danno biologico  consiste nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona.
  2. DANNO MORALE. “L’acquisita consapevolezza della specifica e grave patologia può far sorgere il diritto al risarcimento del danno morale da sofferenza”(Corte di Cassazione sez. 3 Ordinanza n. 2725/2024); il danno morale, pur non essendo dimostrabile con la stessa evidenza del danno fisico, è stato riconosciuto sulla base del notorio e dell’id quod plerumque accidit, un concetto importante nel diritto, per valutare fatti e comportamenti basandosi su ciò che comunemente succede nella maggior parte dei casi. La consapevolezza di avere una malattia infettiva come l’Epatite C e le conseguenti limitazioni (della vita sociali, della sfera sessuale e lavorativa, le prolungate terapie da intraprendere etc.) che rappresentano, presumibilmente, una fonte di sofferenza interiore, costituiscono una prova di un rilevante danno esistenziale, relazionale e morale, giustificando un risarcimento.
  3. DANNO LUNGOLATENTE DA EMOTRASFUSIONE: “In tema di danni lungolatenti da emotrasfusione, il momento della contrazione della malattia è di per sé irrilevante a fini risarcitori; quanto ai successivi momenti, la manifestazione di sintomi incidenti sull’integrità fisica può radicare il diritto al risarcimento del danno biologico, mentre l’acquisita consapevolezza della specifica e grave patologia diagnosticata, eventualmente anche precedente all’apparizione dei sintomi, può far sorgere il diritto al risarcimento del danno morale da sofferenza” ( sez. 3 Ordinanza n. 2725/2024).

 

 

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